Bellissimo ritorno per la quinta volta sul Pizzo Tre Signori da Ornica.
Stavolta sono in compagnia di Erica e della sua Dori a quatto zampe, che salgono sul Tre Signori per la prima volta!
Giornata annunciata buona sul Pizzo Tre Signori ma con nubi sparse nel pomeriggio.
E le nuvole invece arrivano in anticipo e sparse proprio sopra la nostra testa in lungo ed in largo.
Temevano di patire il sole ed il caldo invece le nuvole ci hanno protetto dal sole ma ci hanno guastato i bei panorami !
Detto fatto, alle 8 siamo ad Ornica, parcheggiamo lā€™auto poco sopra la Madonna del Frassino (1000 m circa) e ci incamminiamo sul sent. CAI 106 che seguiamo fino in vetta al Pizzo Tre Signori.
L'itinerario segue inizialmente la bella mulattiera e si snoda tra fitti boschi e ripidi prati ancora ben curati, costeggiando un minuscolo ruscello. Vecchie baite e caselli per il deposito del latte e dei formaggi si susseguono lungo la mulattiera a testimonianza della secolare presenza dell'uomo e dell'attivitĆ da sempre praticata.
Il percorso, dapprima abbastanza comodo, si fa via via piĆ¹ impegnativo e di tanto in tanto presenta tratti di ripida salita, finchĆØ, dopo un'ora e mezza di cammino porta al piede dell'alpeggio Val d'Inferno, uno dei piĆ¹ estesi dell'alta Valle Brembana con i suoi 280 ettari di superficie totale, di cui 150 adatti al pascolo e il resto cespugliati, incolti o improduttivi. Nella parte bassa dell'alpeggio era situata la Casera, locale adibito alla produzione e alla conservazione del formaggio.
L'edificio attuale venne costruito nel 1864 (ne fa fede la data posta sopra l'ingresso) sullo stesso luogo di quello distrutto da un incendio l'anno precedente.
Oggi la vecchia casera, ristrutturata nel rispetto dell'ambiente all'esterno ed all'interno, ĆØ adibita ad agriturismo d'Alpe (Ferdy).
L'alpeggio si estende dai 1400 agli oltre 2000 metri di quota e ha un potenziale di 85 paghe; ĆØ di proprietĆ del comune di Ornica che lo concede in affitto alla societĆ degli allevatori del paese, tuttavia da qualche anno viene caricato da estranei.
L'alpeggio dispone di abbondanza di acqua per i numerosi ruscelli e per l'estensione e il notevole dislivello ĆØ suddiviso in una decina di stazioni dotate di baite, casere, stalle, penzane, diversi bĆ rech e calĆØcc .
Le baite piĆ¹ caratteristiche si trovano alla quinta stazione (baita Gaos), alla sesta (baita Spondone), alla settima (baita Ciarelli) e all'ottava (baita Predoni, costituita da un unico locale ricavato sotto il tetto di un'enorme pietra e delimitato da muri in pietra a secco).
Il tratto che va dalla casera all'estremitĆ settentrionale dell'alpeggio richiede un'ora di cammino.
Dopo la baita Corna dei vitelli (1900 m), che costituisce l'ultima stazione, la mulattiera, ormai ridotta a poco piĆ¹ di una pista, incontra, a quota 2088 m., il sentiero delle Orobie occidentali, contrassegnato con il numero 101 (che porta al Rifugio Grassi da un lato e al Rifugio Benigni dall'altro).
Ormai il paesaggio si fa spoglio, i pascoli cedono via via il passo a sterpaglie e macereti.
Da qui si puĆ² ammirare la caratteristica ā€Sfingeā€¯, un enorme sperone roccioso che sembra riprodurre il volto enigmatico degli antichi monumenti egizi.
Una presenza inquietante e severa, che domina la parte terminale della Val d'Inferno, prima dell'erta finale verso la Bocchetta d'Inferno (a quota 2306 metri ) e il Pizzo del Tre Signori 2554 m) sulla cui vetta anticamente si incontravano i confini della Repubblica Veneta (Val Brembana), del Ducato di Milano (Valsassina) e dello Stato dei Grigioni (Valtellina).
Superata la Bocchetta dā€™Inferno prendiamo a sx il sentiero ben segnalato da ometti (piĆ¹ che dai bolli ormai sbiaditi) e risaliamo lā€™ampio vallone per facili rocce e sfasciumi tenendoci a destra della cresta per brevi salti.
In ultimo, percorrendo un tratto della cresta nord con sentiero segnalato, raggiungiamo la vetta, superando senza difficoltĆ lā€™ultimo tratto impegnativo su placchetta rocciosa, attrezzato da pochi anni con fune.
La nebbia diffusa ci nega lo spettacolo del panorama impagabile a 360Ā° .
Sul percorso in salita e discesa ed in vetta incontriamo , essendo domenica, molti escursionisti.
Ci soffermiamo in vetta per poco.
Scesi con attenzione alla Bocchetta, discendiamo la Val dā€™Inferno coperta da nubi.
Incontriamo lungo il percorso cavalli, mucche, stambecchi e marmotte e godiamo lo spettacolo di belle fioriture .
Rientriamo a Ornica verso il tramonto, contenti di questo bellissimo ritorno sul Pizzo Tre Signori da Ornica.
Un tempo la Val d'Inferno non aveva questo nome ma si chiamava Val Fornasicchio.
Osservando ed analizzando una mappa del 1.800, scopriamo che il territorio di Ornica era una fucina unica e possedeva numerose chiodarole con maglio (si contano almeno 1 maglio da ferro, 7 fucine da ferro, 8 mulini da grano, 1 pila da orzo), alimentate dalle Valli d'Inferno e Ciusur, che significa "chiuso" a differenza della parte superiore chiamata "ciara". Nei secoli passati, tra la bocchetta del Monte Trona e il lago Nero esistevano diverse miniere di ferro; parte del minerale estratto veniva trasportato a Ornica, a dorso di mulo, per alimentare il forno di fusione. La presenza considerevole di forni e fucine con l'utilizzo del carbone prodotto sul posto per la lavorazione del ferro, poteva aver alimentato nella fantasia popolare l'accostamento all'Inferno, luogo del fuoco per eccellenza .